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martedì 21 febbraio 2017

COERCION STREET - ERNIE PAYNE


⭐⭐⭐⭐⭐

(BLACK & TAN CD- 2004)

In questo COERCION STREET c'è tutta la magia di un Folk-Blues senza confini e senza tempo che sicuramente parte da Robert Johnson e che poi  passa l'Africa che era la terra di origine della famiglia di questo straordinario artista : Ernie Payne. 
Con una classe e una tecnica chitarristica cristallina Ernie Payne presenta in COERCION STREET undici canzoni che sono una commistione di blues e folk rivisitati in modo del tutto personale. Scomparso nel settembre del 2007 Payne ha lasciato in eredità alla storia della Musica D'Autore un solo disco, proprio questo che, seppur poco noto, ha i tutti crismi dei Grandi Classici. Da Sentire.



Recensione tratta da IL TONNUTO n. 58 - Gennaio 2006

di Rho Mauro


Nativo della Louisiana ma di origini africane Ernie Payne arriva nel mio lettore cd molto, molto in ritardo rispetto all’uscita del suo primo album “COERCION STREET”.
L’album è, infatti, datato 2004, ma come spesso capita alle piccole gemme nascoste, le si scopre sempre più tardi.
Lontano dalle luci della ribalta e prodotto da un’etichetta indipendente, la BLACK & TAN RECORDS, questo superbo lavoro ci riporta un po’ indietro nel tempo, perché mischia sapori e umori che spaziano dall’Africa al blues con un pizzico di cajun proprio delle paludi della Louisiana, rimarcando un chiaro impianto cantautorale in puro “folk style”.
Può non avere più molto senso parlare di folk, oggigiorno, perché in effetti di questa definizione musicale si è abusato anche sin troppo; il folk appartiene ad un epoca, quella del Village di New York, del grande Woody Guthrie, del  primo Dylan, che è passata per sempre.
Ricondurre il lavoro di Payne ad un disco di chiara matrice folk serve semmai a far comprendere a chi questo disco non l’ha mai ascoltato, che lui è il genere di musicista che lavora con le parole che gli frullano in  testa, prima ancora che con gli accordi che la sua chitarra produce.
Alla fine la giusta amalgama tra testi e suoni è il risultato di questo lavoro.
Dottatissimo  tecnicamente suona chitarra e dobro in modo del tutto personale.
La sua voce è carica, nera  e ricorda al primo ascolto un certo John Hiatt.
In questo suo primo lavoro Payne assembla undici piccole gemme.
Si parte con CURSE OF HAMM il cui intro già definisce il chiaro stile chitarristico del nostro. Accompagnano, quasi sempre, la chitarra elettrica di Rob Zucca (cooproduttore del disco con Payne), Mark Tabbert al basso e Joe Romersa alla batteria
Segue MOTHER’S UNCLE nella quale solo un’altra chitarra (Rob Zucca, elettrico) accompagna quella di Payne unitamente alla sua voce.
Altro intro degno di nota per la canzone che regala il titolo al disco; COERCION STREET è una grande ballata, ed ascoltare la voce di Payne all’inizio è veramente come rimembrare il miglior Hiatt di sempre.
LISTEN TO THE BLUES GROW è altra canzone di valore assoluto.
PISSIN’ IN THE WIND è canzone minimalista, dai toni soffici e tenui. Solo il nostro alla chitarra e il solito Zucca al dobro, chitarra e cori. Bell’episodio in un contesto che, definirie suntuoso, è poco.
NOTHING WRONG WITH TEXAS parte ad un ritmo decisamente più veloce, bella canzone di rock nella quale Payne racconta la storia  “metereologica” del Texas di Suzanne.
ONE MORE NIGHT ritorna a toni pacati, e sempre è il duo Payne/Zucca a menare le danze; canzone riflessiva e dolce.
W.I.P. ripropone tutta la strumentazione di base,  per disegnare un’altra canzone dai toni soffusi che si chiude con un “ i love you” che lascia poco spazio… ad altre questioni.
FAMILY RELATIONS è la mia preferita di tutto il lotto.
E’ una di quelle canzoni per cui continuerò a dire che certa gente, (quella che vedete ad MTV tanto per intenderci), prima di definirsi cantante e/o musicista dovrebbe cospargersi il capo di cenere. Questa è una canzone amici. Un testo che è poesia, pura (un po’ triste, forse, ma tant’è); una musica costruita sul testo con solo una chitarra, quella del nostro e il buon Zucca alla seconda voce.
ANCIENT EYES con i suoi 6 minuti e passa è la più lunga canzone dell’album e ci porta verso la fine di un disco che è veramente una piccola gemma.
Il compito di chiudere spetta a JOANNE’S THEME un pezzo strumentale che vede il solo Payne alla chitarra.
Solo un grande può permettersi di chiudere il suo primo disco con un pezzo strumentale, e Payne, al suo primo disco, per noi è già un eroe!!!!
Cercate questo disco amici… forse ci metterete un po’ a trovarlo, ma merita. Come pochi altri.



(ERNIE PAYNE - FAMILY RELATIONS)



THE COLDEST DAY IN WINTER - TONY REIDY


⭐⭐⭐⭐⭐

(AUTOPRODOTTO-TONYREIDY CD 01 - 2006)

Irlandese, residente a Mayo Tony Reidy è il segreto meglio custodito del folk irlandese.
Un giorno ascoltai una sua canzone dopo aver raccolto la segnalazione del magazine MOJO.
Il suo secondo album  A ROUGH SHOT OF LIPSTICK è stato “album folk” del mese di aprile 2007 proprio per la rivista MOJO,  e tanto basta per vedere consacrata l’arte di questo singer-songwriter.
THE COLDEST DAY IN WINTER è la sua prima prova discografica e, se amate il folk nella versione più pura, non potete farne a meno.
Non affannatevi a cercarlo "fisicamente" dalle nostre parti, per ora ancora non è distribuito da “major” visto che Tony si auto-produce.
E' possibile trovarlo sulle principali piattaforme digitali. Altrimenti fate come me, spedite la somma richiesta (o pagate con carta di credito) direttamente a Tony  e vi vedrete recapitare questo splendido disco oltre ad avere il grande piacere di poter trovare in lui una persona davvero Speciale.
Canzoni come COUNTRY MAN o SOMETIMES o ancora THE COLDEST DAY IN WINTER sono grandi canzoni, canzoni che hanno dentro la storia e tutta la perizia di questo grande uomo. CUL AN TI è una canzone che Tony "veste"  intorno all'omonimo poema di Sean O Riordan ed è un piccolo capolavoro.
Tony con la sua voce in gran spolvero e l'ausilio di chitarra, mandolino e banjo propone un folk che più Puro di così non è nemmeno immaginabile.  Poche altre aggiunte tra accordion, percussioni e linee di basso appena accennate completano un disco di folk in salsa celtica prezioso quanto raro.


(TONY REIDY - CUL AN TI)



lunedì 20 febbraio 2017

12 SONGS - NEIL DIAMOND


⭐⭐⭐⭐⭐

(COLUMBIA RECORDS - 2005)

Nel 2005 il leggendario Neil Diamond, stella di prima grandezza (in quel momento un po' appannata) della Canzone d'Autore made in USA, si fa produrre il disco n. 26 di una straordinaria carriera dal Maestro  Rick Rubin  e, con in pugno dodici straordinarie canzoni, il "vecchio"  lupo di mare ritorna nel cuore dei suoi estimatori. 
Diamond da solo, chitarra e voce, regala emozioni uniche con canzoni come OH MARY, EVERMORE,  CAPTAIN OF A SHIPWRECK, MAN OF GOD. Album "puro" e  di adamantina bellezza.




Recensione tratta da IL TONNUTO 61 - Aprile 2006

di Rho Mauro

Lo inserisco nel 2006 (de sfroos): in realtà l’album è uscito sul finire del 2005, ma, non siamo mica “Paperoni” da queste parti, e ci concediamo giusto il “giusto” premio di 1 piccolo cd mensile.
Questo mese, senza dubbi e senza remore ho scelto questo splendido lavoro del buon Diamond.
Sull’operazione “nostalgia” pesa, e non poco, l’impronta del produttore del suddetto dischetto: Rick Rubin.
Rubin è lo stesso uomo che, con la serie AMERICAN RECORDINGS ha consegnato al mondo intero la leggenda dell’UOMO IN NERO, JOHHNY CASH. Rubin rispolverò il vecchio Cash e gli fece incidere una serie di dischi che ogni amante della buona musica dovrebbe avere tra le mani. In questo modo le nuove generazioni sono venute a contatto con l’icona della musica made in USA  e Cash da quell’esperienza è uscito trionfatore.
Ora Rubin ritenta la grande impresa anche con Diamond. Il nostro, nel frattempo era un po’ uscito di scena, dimenticato da molti, con lavori di notevole importanza “storica” nella sua lunga e copiosa discografia, ma ormai lontano dal “mercato”.
Nel passato sue canzoni sono state hits per altri, cito solo I’M A BELIVER per i MONKEES: sua è anche SOLITARY MAN canzone che Rubin cucì addosso a Cash in occasione di AMERICAN III – SOLITARY MAN. Forse proprio da lì nacque quel filo sottile che ora lega Rubin a Diamond.
Il risultato del binomio RUBIN-DIAMOND è questo 12 SONGS album che, per noi, europei è uscito in ritardo di qualche mese ma con due bonus tracks. Il disco è indubbiamente affascinante.
Parte con un doppio colpo al cuore che regala dolci emozioni. OH MARY e HELL YEAH sono canzoni di una bellezza estrema: la voce di Diamond espressiva e la chitarra a fare da conduttore poco o nulla di più. La scintilla scocca subito e di questo album ti innamori all’istante. Nella seconda traccia Diamond fa volare alto la sua bella voce; e proprio la voce che sale e scende rende il pezzo una piccola, indiscussa gemma.
Bella anche EVERMORE un piano ad introdurre e canzone che racconta, soprattutto, di ricordi e domande dalle difficili risposte “Ma era amore o solo illusione?”: una canzone che ha uno stile e un incedere affascinante.
Meritano una citazione anche MAN OF GOD, I’M ON TO YOU, CREATE ME  ma, credetemi, è tutto il disco che suona alla perfezione, non ci sono passi falsi, non ci sono pause.
Sembra proprio che Neil Diamond sia rinato ad una nuova vita artistica: sul BUSCA attualmente in edicola appare che, nella classifica degli incassi musicali USA del 2005,  Diamond è buon sesto!!
Di sicuro un disco così bello non se lo sarebbe aspettato nessuno dei suoi numerosissimi fans. Entra, di diritto, nella mia personale classifica dei migliori album dell’anno, mentre, le prime due canzoni del suo album si piazzano, a ruota dietro STREETS OF N.Y. di Willie Nile, come migliori composizioni.

Un disco da comprare, amare e diffondere. Suntuoso. Neil Diamond is back.


(NEIL DIAMOND - OH MARY )




domenica 19 febbraio 2017

IMAGINE - EVA CASSIDY


⭐⭐⭐⭐⭐

(BLIX STREET RECORDS - 2002)

E' soprattutto grazie alla BBC se questo album postumo di Eva Cassidy  raggiunge  la vetta delle vendite nel Regno Unito nemmeno una settimana  dopo la sua uscita nell'agosto del 2002. Il network inglese, infatti, contribuisce in maniera determinante alla diffusione della spettacolare Voce di questa sfortunata  e talentuosa cantante americana morta nel 1996 a causa di una brutta malattia a soli 33 anni di età. La sua Arte rivive in queste registrazioni che sono "gioielli" senza tempo.





Recensione tratta da IL TONNUTO 24 - Novembre 2002

di  Rho Mauro


Eva Cassidy nasce negli Stati Uniti il 2 febbraio 1963 ... per trentatre anni scrive e canta una musica "per pochi"... muore infatti prematuramente il 2 novembre 1996 a soli 33 anni e muore senza veder pubblicato nemmeno uno dei suoi dischi.
Questa cantautrice ha infatti cantato e inciso nel più assoluto anonimato.
Solo ora, ad anni dalla sua morte, viene riscoperto questo talento nascosto. In Inghilterra l'ultimo suo album in ordine di tempo ad essere stato pubblicato, "Imagine", una sola settimana dopo la sua pubblicazione è subito andato in testa alle classifiche di vendita.
Nel giro di un paio d'anni il nome, la musica e la voce di questa grande cantante sono diventate un fenomeno di proporzioni mondiali.
Letto sul grande BUSCADERO di questa cantante e di questo suo CD postumo il vostro TONNUTO si è mosso subito alla sua ricerca.
Abbiamo trovato il CD...(dai grandi di MUSICALLANGOLO)  mentre se volete sapere qualche notizia in più sulla  Cassidy vi invitiamo ad andare su di un sito inglese che ha voluto commemorare la cantante.
L'indirizzo di riferimento è:  www.oaksite.co.uk/bioblue.html.
Il CD "IMAGINE" è composto di dieci tracce... si tratta di cover... fra tutte, probabilmente la più famosa è proprio quella che da il titolo all'album, IMAGINE di John Lennon...
La grande voce di questa artista ricompone i dieci pezzi con innovativi e semplici accordi regalandoci autentiche gemme.
Le tracce presenti sono le seguenti:
1) IT DOESN'T MATTER ANYMORE
2) FEVER
3) WHO KNOWS WHERE THE TIME GOES?
4) YOU'VE CHANGED
5) IMAGINE
6) STILL NOT READY
7) EARLY MORNING RAIN
8) TENNESSEE WALTZ
9) I CAN ONLY BE ME
10) DANNY BOY
La raccolta  è composta in sostanza di demos e prove di studio che la Cassidy  amava  cantare nel tempo libero o durante qualche esibizione live.
L'album spazia quindi dai generi più vari, dal blues al jazz al folk... insomma ce n'è davvero per tutti i gusti.
Il nono brano inoltre è uno stupendo inedito di Stevie Wonder.
Composte in vari periodi della sua vita (dal 1987 al 1996) le dieci canzoni sembrano in realtà fin dall'inizio già studiate per formare un unico album.
Dalle numerosissime composizioni di Eva sono stati pubblicati cinque album oltre all'ultimo uscito: si tratta di "LIVE AT BLUES ALLEY", "EVA BY HEART", "THE OTHER SIDE", "TIME AFTER TIME", "SONGBIRD".
Non sappiamo quanto il fenomeno "Cassidy" possa estendersi in Italia;  indubbiamente se avete 18 euro da spendere per buona musica (sottolineamo buona musica) questo acquisto è quasi d'obbligo.

Siamo curiosi di sapere cosa ne penserà il nostro grande esperto musicale, il mitico CON.ALBY, al quale gireremo il nostro acquisto e dal quale aspetteremo un giudizio di merito...



(EVA CASSIDY - IMAGINE)

TUNESMITH RETROFIT - KELLY JOE PHELPS


⭐⭐⭐⭐

(ROUNDER EUROPE - 2006)

Chitarrista Virtuoso e  di Classe Sopraffina  Kelly Joe Phelps modella in  questo suo  TUNESMITH RETROFIT canzoni che sono tra le migliori della sua intera discografia: dalla straordinaria SPANISH HANDS, a  CROW'S NEST,  a THE ANVIL, e le strumentali MACDOUGAL (dedicata a Dave Van Ronk) e TUNESMITH RETROFIT. Tra gli ospiti che impreziosiscono le canzoni  nel disco merita senza ombra di dubbio una citazione il violino di Jesse Zubot. 




Recensione tratta da IL TONNUTO 67 - Novembre 2006

di Rho Mauro

Kelly Joe Phelps è un maestro della chitarra slide e un interprete fantastico del fingestyle più puro ma, purtroppo, è ben poco noto alle nostre latitudini. Come spesso accade, ci perdiamo per strada artisti che, come Kelly Joe, sono magnifici artigiani dell’attrezzo  a sei corde.
Personalmente devo la sua scoperta ad un vecchio cd live del sommo poeta Van Zandt Townes: Live at McCabe’s, album registrato nel celebre negozio di strumenti musicali in quel di Los Angeles il 10 febbraio 1995. Kelly Joe Phelps appare, in quell’occasione, suonando il dobro  in due canzoni. Di lì in poi l’ho seguito con attenzione, ed è uno dei miei preferiti.
Nato nel 1959 negli States Kelly Joe Phelps ha esordito nel 1995 con l’album LEAD ME al quale hanno fatto seguito altri cinque lavori ultimo dei quali quel TAP THE RED CANE WHIRLWIND che, recensito anche su queste pagine l’anno scorso, è anche l’unico live  finora uscito nella sua discografia, ma è un live acustico di bellezza inaudita.
Nel 2003 con SLINGSHOT PROFESSIONALS ha ottenuto i maggiori consensi, almeno fino a che non è uscito questo nuovo lavoro datato 2006, TUNESMITH RETROFIT.
Questo nuovo album si compone di dodici tracce per un totale di poco più di 44 minuti: delle 12 canzoni tre, compresa la title-track, sono completamente strumentali e sono dei gran pezzi di canzone!!
Tutte le canzoni sono scritte di proprio pugno da Phelps, sia per le musiche sia per i testi e nel disco, oltre alla solita impareggiabile maestria nell’uso della chitarra, il nostro ritorna ad un suo antico amore, ossia quello per il banjo, strumento che Phelps padroneggia in maniera superlativa e che regna maestoso in alcune composizioni.
Di dischi ne escono migliaia ogni mese, è impossibile star dietro a tutto, anche per il più appassionato degli appassionati: così ognuno sceglie il proprio genere, il proprio autore e lo segue attraverso le mille opportunità oggi consentite, cd, internet, tv ecc.ecc.
Ecco, un disco come TUNESMITH RETROFIT è uno di quei dischi che, in partenza,  si possono perdere tra la moltitudine delle uscite discografiche annuali; solo riuscendo a fare una buona cernita di base prodotti come questo restano, alfine, nella rete dei migliori di una annata.
Phelps  crea con la sua chitarra un suono del tutto particolare; è come detto in partenza un maestro del fingerstyle e la sua musica ha un marchio di fabbrica  subito riconoscibile.
Metto questo disco direttamente tra le cose migliori di questo 2006 certo che non sarò da voi compreso: a meno che non proviate ad ascoltare qualcosa di questo suo nuovo lavoro al sito http://www.kellyjoephelps.net/news/index.htm
Nella sezione della discografia avete anche la possibilità di vedere un video, registrato poco più di un mesetto fa, della canzone BIG SHAKY, giusto tanto per capire che razza di chitarrista sia il nostro Kelly Joe.
TUNESMITH RETROFIT si apre con la superba CROW’S NEST e la seconda traccia THE ANVIL è già una di quelle che lasciano il segno. Ma è tutto il disco che suona in maniera perfetta tanto che già alla terza canzone  SPANISH HANDS siamo all’apoteosi. I suoni della chitarra a volti fermi e rilassati cambiano spesso andamento e tutto il disco vive proprio intorno alle corde della chitarra di Phelps; e lei che detta i tempi e la voce di Kelly Joe segue a ruota, una strada già ben delineata.
SCAPEGOAT è il primo strumentale del disco ed è un pezzo di  bravura che Kelly Joe Phelps ci regala con l’utilizzo dell’amato banjo; un ritmo forsennato concentrato in un minuto e trentotto secondi di puro godimento per le nostre orecchie.
BIG SHAKY (di cui al video che dicevo prima visibile sul sito di Phelps) è un esercizio chitarristico e vocale veramente superbo.
TIGJT TO THE JAR è il pezzo più lungo del disco con i suoi 5:43 di durata. E’ una bella canzone, calma e rilassata, a tratti appena sussurrata da Phelps.
Lo strumentale MAcDOUGAL è dedicata a Dave Van Ronk, eroe del folk proprio lì a MacDougal Street ai tempi di Dylan e del Village.
LOUD AS EARS, e  RED LIGHT NICKEL non si discostano molto dal tratto più classico della composizione di Phelps.
HANDSUL OF ARROWS è ancora un pezzo che Phelps esegue con il suo banjo ed è dedicata a Chris  Whitley cantautore texano scomparso lo scorso novembre.
Chiude il disco lo strumentale che titola il disco: altro pezzo di tutto rispetto.
A chi consigliare questo disco? Di sicuro a tutti gli amici che suonano o, semplicemente, amano ascoltare il suono della chitarra; loro troveranno di sicuro di che divertirsi tanta è la perizia e la pulizia del suono di Phelps. Un maestro.



(KELLY JOE PHELPS - SPANISH HANDS)


sabato 18 febbraio 2017

B-SIDES AND CONFESSIONS VOL. 1 - JEFF BLACK


⭐⭐⭐⭐

(DUALTONE - 2003)

Quando uscì questo disco di Jeff Black il "Boston Globe"  accostò il suo nome a tre leggende che rispondono ai nomi di  Steve Goodman, Bruce Springsteen e Townes Van Zandt. Per via della sua  visione poetica della vita e la capacità di raccontarne lo scorrere con le storie che compongono questo B-SIDES AND CONFESSIONS Jeff Black è da considerarsi un autentico  Outsider tra i Singer-Songwriter made in U.S.A.
Nel disco Black fa quasi tutto in solitudine: suona piano, chitarra e banjo (magica GOLD HEART LOCKET  x banjo e voce solo): in un paio di canzoni affiorano collaborazioni al basso  e alle percussioni.  Disco da toni Intimi. Prezioso come pochi.






Recensione tratta da IL TONNUTO 37 - Dicembre 2003 

di Rho Mauro

Iniziava il primo caldo quando, verso la fine di maggio, andai per la prima volta in cerca di un cd dal titolo curiosissimo.
Cercavo Jeff Black con il suo terzo album "B-SIDES AND CONFESSION - VOLUME ONE".
Ogniqualvolta chiedessi di Jeff tutti credevano stessi parlando di BECK... Jeff Beck (famoso "storico" cantautore) ma no, io cercavo proprio  JEFF BLACK.
Al di là della quasi identica pronuncia, il dato di fatto: nessuno o quasi conosce ancora Black in Italia.
Alla disperata, portavo con me una fotocopia della copertina del cd; unico modo per rendere a Black quello che era suo.
Fino al marzo scorso Black distribuiva i suoi cd esclusivamente tramite il suo sito internet. La distribuzione, dalla natia Nashville, era quindi affidata esclusivamente alla "E-commerce". Solo in USA i suoi cd hanno avuto regolare distribuzione.
In quel mese di maggio la recensione più che positiva di Paolo Carù sul BUSCADERO mi spinse alla ricerca del cd.
Era, semplicemente, un cd tra i tanti (troppi!!??) che escono ogni mese dalle più svariate case discografiche indipendenti USA.
Da allora sono passati circa sei mesi... ma alla fine l'ho trovato.
A dire il vero l'avevo accarezzato la sera del concerto di Willy Deville in quel di Chiari. Era sulla bancarella all'esterno del palazzetto San Berbardino. Ma forse non era ancora il momento.
Fatto è che ora il cd l'ho trovato. Ascoltato mille e già più volte.
La scoperta della musica di Jeff Black la potrei accostare per la passione che ha acceso a quella dei grandi "sconosciuti" che abbiamo scoperto; penso al grande Davide Van De Sfroos, ma anche ai mitici "Sulutumana" e a Pollina.
Dopo tanto ascolto l'album di Black ancora non finisce di stupirmi.
Il cd è distribuito dalla "DUALTONE" piccola e indipendente casa discografica.
Il fatto che la distribuzione sia stata curata da questa piccola realtà ha solo un pochino ritardato l'approdo del cd nel nostro lettore.
Ma proprio il fatto che una così piccola realtà abbia potuto far giungere da Nashville a Cabiate questo piccolo capolavoro è il lato meraviglioso della "macchina musicale indipedente"... significa che, se vogliamo, possiamo ancora scegliere.
"B-SIDES AND CONFESSIONS - VOLUME ONE" è il terzo album della "verde" discografia di Black. Segue infatti "BIRMINGHAM ROAD" del 1998 e  "HONEY & SALT" del 2002.
Dei primi due album non posso proprio raccontarvi alcunché, dato che non ho proprio mai ascoltato nulla.
Di "B-Sides" potremmo stare a parlare per tutti i minuti 46:11 che dura.
In realtà è già parecchio curioso il titolo... infatti, di solito, si pubblica un B-SIDES solo se si hanno parecchi A-SIDES, ossia successi musicali.
Black, dunque, ironizza sulla sua stessa carriera di musicista, e pubblica, a digiuno di A-SIDES un album dal titolo B-SIDES.
Tutte quante le 10 tracce dell'album vedono Jeff alla stesura dei testi e della musica.
E questa è una delle cosa che lo fa preferire, di gran lunga ad altre opere.
Il suo lavoro è un autentico capolavoro. Altre definizioni non ne trovo.
Mancano ancora parecchi giorni alla fine dell'anno... e qualche uscita discografica ancora è là da venire.
Ma ormai non c'è più spazio per altre "storie".
"B - SIDES AND CONFESSIONS - VOLUME ONE" è il miglior disco straniero uscito nel 2003. Personalmente non ho dubbi.

LA TRACK LIST
"B-sides and confessions - volume one" si compone di undici canzoni. Undici autentici capolavori. Tutti testi stupendi che trasudano di poesia antica e da tempo dimenticata... anche quando narrano di momenti di vita semplice e comune.
Apre il disco la melodica "Slip" che Jeff canta strimpellando il pianoforte con notevole maestria.
Segue "Same old river" composizione acustica di notevole spessore.
"Holy roller" è la canzone con maggior "passaggi rock".
"Sunday best" è la mia preferita. Ballata  in cui il pianoforte è assoluto dominatore e, nella quale, vi è un illuminante definizione della vita di tutti i giorni:
"We'll get up in the morning
and we work old day
we'll come home
in the evening sun
there's nothing more to say"
"To be with you" è il momento più lento di tutto il cd. Il piano magistralmente suonato da Black raccoglie le sue intime considerazioni.
"Gold heart locket" ci regala una decisa virata country. Uno stupendo Black impegnato, stavolta, al banjo ci regala la sua definizione di "acustico". Per tutti i tre minuti e rotti che dura la canzone si odono la sola voce di Jeff e il suono del banjo... un must!!
"Cakewalk" è un altro momento di intima riflessione. Anche qui, come in "To be with you" il pianoforte disegna armonie e colori.
"Bless my soul" segna il ritorno a chitarre sonanti e prepara il gran finale del cd.
"Bastard" rappresenta la sintesi si tutto il cd. In essa emergono lo spessore della voce di Black, la maestria di un testo di alta poesia contemporanea e una musica "padrona".
Chiude il cd la splendida "Higher Ground". Sei-minuti-sei di una ballata stupenda che prende il via da una armonica a bocca che traccia il confine tra un capolavoro musicale e vocale al contempo.
 CONCLUSIONE
Cari amici... mi dice spesso mia moglie: "(…) per te, ogni nuovo disco, è il più bello che ha mai sentito" e, forse, in parte ha anche ragione.
Stavolta ho aspettato il periodo "ovvio" della prima settimana... ne ho lasciate passare anche due... ma ora... fatemelo ridire...
Questo di Jeff Black è il più bel lavoro che le mie orecchie abbiano ascoltato tra tutti i nuovi cd in questo 2003.



(JEFF BLACK - SLIP )


ARTIGIANO DI PAROLE - PAOLO PIERETTO


⭐⭐⭐⭐⭐

(POMODORI MUSIC - 2009)

Paolo Pieretto è l'Unico e Autentico  "Artigiano di Parole". Questa sua opera prima è un distillato di quella che possiamo definire la Sapiente Arte del Cantautore. Un lavoro "prezioso" e certosino. Canzoni che sono autentici gioiellini messi insieme un poco alla volta con tanta pazienza e molta, moltissima cura. Nascono così canzoni come SUPERMARKET ITALIA, I NOSTRI PICCOLI PASSI, A UN METRO DALLE NUVOLE e la splendida ARTIGIANO DI PAROLE che è una poesia messa in musica con dentro il cuore del suo autore. In ECHI DI LUNA la splendida chitarra è a cura del sempre grande Marco Python Fecchio da citare sono anche le ottime chitarre prestate al disco da Davide Dabusti. Prodotto da Paolo in collaborazione con Franco Cufone (che suona anche nel disco) ARTIGIANO DI PAROLE è un Capolavoro Assoluto.





Recensione tratta da IL TONNUTO 101 - Dicembre 2009)

ARTIGIANO DI PAROLE” è il disco dell’anno.
E’ uscito in questo mese di dicembre, giusto in tempo, per entrare direttamente nella nostra top-list  dell’anno 2009 che è stato prodigo di nuove scoperte musicali.
Paolo Pieretto a questo suo primo disco ci lavorava da anni, tanti anni. Ed ogni volta che capitava di incontrarsi gli dicevo sempre “Quando esce il disco, ricordati del TONNUTO”. E Paolo, che è un uomo di parola, ha mantenuto fede alla sua promessa e, in una sera di fine novembre, con l’amico Luca Dai è arrivato qui in casa TONNUTO con una copia del suo “capolavoro” ancora fresco di stampa.
Il lavoro dell’artigiano, è risaputo, è una lavoro certosino, è un lavoro spesso lungo che porta in  sé molte delle virtù umane: ed è un lavoro che deve, per forza, essere fatto da una persona paziente. E Paolo Pieretto è stato molto paziente rivelandosi, anche in questo, un artigiano perfetto.
Ha lavorato a questo progetto per molti anni e, quando è stato il momento di concludere il lavoro, si è ritrovato tra le mani dieci canzoni “datate” (composte anni addietro a questo 2009) che sono come dieci gemme colorate: insomma uno splendido lavoro.
In questo lavoro è stato aiutato dai suoi amici, a partire da Franco Cufone  che ha prodotto il lavoro insieme a lui e suonato in quasi tutte le canzoni e che è in pratica la seconda “anima” di questo disco. Tutte le canzoni del disco sono state scritte  da Paolo per testo e musica, ed in tutte vi è l’arrangiamento curato insieme con Cufone. Ma poi ci sono anche gli amici musicisti, partendo dal sempre  grande Marco Python Fecchio, e poi Davide Livio, Marino Chieregato, Davide Dabusti, Antonio di Bella, Leonardo di Angilla, Antonello Aguzzi, Andrea Parodi, Valentina Didoni, Chicco Santulli e Giuseppe Ballerini.
L’album parte da un bel pezzo rock come SEI VERAMENTE PRONTO?  che può essere chiaramente un messaggio lanciato all’ascoltatore. Un pezzo dove il tappeto sonoro è ben strutturato tra chitarre sempre in bella evidenza e con la sessione ritmica già sugli scudi.
SUPERMARKET ITALIA è, credo, la canzone più “datata” del disco. Risale, infatti, al 1998 e, con questa canzone Paolo partecipò quell’anno al premio musicale Città di Recanati. La canzone è una stupenda e riflessiva ballata, senza dubbio uno dei pezzi migliori dell’album.
ECHI DI LUNA vede ospite alla chitarra  e agli arrangiamenti Marco Python Fecchio. Ascoltandola appare subito deciso l’imprinting del chitarrista milanese. E’ una canzone magnifica in puro “Python Style”. Altro pezzo da 90.
I NOSTRI  PICCOLI PASSI è una dolce ballata ben costruita tra cori e le precise chitarre di Davide Dabusti.
Quindi è il momento del pezzo sicuramente più trascinante dell’album. Al mio piccolo Valentino BAMBINO DISOBBEDIENTE è piaciuta subito più di ogni altra. In effetti è una canzone tagliata proprio sul mio piccolo pestifero “tonnutino”… una ballata tutta pepe & sale  che si apre con quel coro da asilo LA-LALA-LA-LA-LALA  e con il piano suonato in maniera magistrale da Antonello Aguzzi, ma che diventa irresistibile anche grazie al gran  lavoro di Dabusti alla chitarra, Livio al basso e Chieregato alla batteria.
A UN METRO DALLE NUVOLE è la mia personale “palma d’oro”. E’, insieme con A ME RESTA UNA CANZONE” di Davide Ravera, la miglior canzone che ho ascoltato in questo 2009.
Una ballata incantevole dove la bellissima fisarmonica di Antonio di Bella, così come il pianoforte suonato da Franco Cufone e le chitarre acustiche  di Dabusti accompagnano una specie di “lettera della redenzione”. Splendida.
STANOTTE è, dopo BAMBINO DISOBBEDIENTE, la canzone con il refrain più “forte” dell’intero lotto. E’ una canzone che resta subito in mente, che ritorna subito sulle labbra ed è una di quelle che inizi a canticchiare subito dopo i primi ascolti di questo disco. Segnalo qui l’ottimo hammond di Aguzzi.
PERCHE’ UN’IDEA vede la partecipazione alla voce del cantautore canturino  Andrea Parodi, grande amico di Paolo (e altro beniamino “tonnuto”).
LUNA BRIGANTE  parte con la voce recitante di Giuseppe Ballerini che, a me personalmente, ha ricordato vagamente i lavori di Sgalambro in apertura per alcuni brani di Franco Battiato. Poi parte questa canzone che ha, a tratti, echi maggiormente pop rispetto agli altri episodi del disco ma resta sempre e comunque nell’alveo più classico della musica d’autore.  
ARTIGIANO DI PAROLE è la summa di tutto quanto il lavoro di Paolo. Il testo  di questa canzone del suo primo disco è riportato nella prima pagina del booklet allegato al cd. Perché, se è vero, che chiude il lavoro, ARTIGIANO DI PAROLE è l’essenza stessa di tutto. Qui, chitarra voce e armonica fanno tutto il lavoro che andava fatto. Del resto, se il tuo testo è un buon testo, se la tua voce è bella ed espressiva il giusto … una chitarra e l’armonica possono bastare. Una canzone magnifica.
ARTIGIANO DI PAROLE chiude questo primo disco di Paolo Pieretto ed è la summa di tutto quanto il suo lavoro. Il testo  di questa canzone  è riportato nella prima pagina del booklet allegato al cd. Perché, se è vero, che chiude il lavoro, ARTIGIANO DI PAROLE è l’essenza stessa di tutto. Qui, chitarra voce e armonica fanno tutto il lavoro che andava fatto. Del resto, se il tuo testo è un buon testo, se la tua voce è bella ed espressiva il giusto … una chitarra e l’armonica possono bastare. Una canzone magnifica.
Giunti alla conclusione del disco possiamo tranquillamente parlare di un “capolavoro”: in questi 43 minuti di musica si concentrano anni di duro lavoro, e non c’è un minuto solo che passi senza lasciare il segno.
In ogni canzone trovo i suoni giusti, la giusta interpretazione, la grande ispirazione che ha accompagnato Pieretto in questi anni.
Immagino bene, ora, quanto possa essere stato difficile tenere tutto questo ben di dio ben conservato, in attesa del momento giusto per pubblicarlo.
Per fortuna il momento è arrivato e così questo ARTIGIANO DI PAROLE è già entrato nel sottopelle TONNUTO come solo le migliori “produzioni genuine” possono fare.
Splendida anche la copertina, sia per la foto di Laura Trapani  sia  per la realizzazione grafica, l’ennesimo valore aggiunto di questo capolavoro artigianale. 

venerdì 17 febbraio 2017

BAD LOVE - RANDY NEWMAN


⭐⭐⭐⭐⭐

(DREAMWORKS - 1999)

Compositore, cantautore, pianista e arrangiatore di Gran Classe  il californiano Randy Newman  pubblica  BAD LOVE  (suo nono lavoro solista in studio) nel 1999. Il disco è accolto benissimo dalla critica che lo colloca subito tra le sue migliori opere.
I testi di queste nuove 12 canzoni sono composte da Newman  con la solita arguzia e una perizia che sono fuori dal comune:  BAD LOVE  raccoglie una serie di riflessioni che sono lo specchio dell'America con le sue virtù e le sue contraddizioni. Il sarcasmo e la vena ironica che (da sempre) accompagna le composizioni dell'artista americano trovano qui spazio sin dall'iniziale ballata MY COUNTRY. Definirle canzoni, queste di BAD LOVE, è persino riduttivo: il grande lavoro di Newman crea delle autentiche sinfonie nelle quali non c'è mai una nota fuori posto.
Il piano suonato da Newman trasporta la canzone d'autore in un'altra dimensione:  la porta  a mischiarsi con il R&B,  e il jazz e nascono così ballate  "dense" come MISS YOU, EVERY TIME IT RAINS, GOING HOME.
Tra i moltissimi musicisti che intervengono alle registrazioni di BAD LOVE vi sono Greg Leisz alla steel guitar e Greg Cohen al basso mentre alla produzione del disco vi sono Mitchell Froom e Tchad Blake. 
I due  Oscar che Newman vincerà (nel 2002 e nel 2011) per le colonne sonore di film Disney come Monsters & Co. e Toy Story  sono la testimonianza delle sue grandi doti di compositore e arrangiatore così come le canzoni di BAD LOVE, invece, sono la conferma delle sue straordinarie doti di Songwriter. Liriche Splendide.
Disco della Vita.



(RANDY NEWMAN - MY COUNTRY)










martedì 14 febbraio 2017

EVERY STONE YOU THROW - MIKE YOUNGER


⭐⭐⭐⭐

(NASHANOKE - 2005)

Scoperto casualmente da Rodney Crowel (che gli produrrà il primo disco SOMETHIN' IN THE AIR nel 1999)  il cantautore canadese  Mike Younger originario di Halifax (Nova Scotia) nel 2001  si reca Memphis  per farsi produrre dal celebre  Jim Dickinson un nuovo disco: tuttavia qualcosa va storto e, quelle registrazioni, ancora oggi, sono sospese nel limbo di vicende legali senza apparente soluzione.
Così, nel 2005,  Younger vola a New York e lì registra in totale "indipendenza" questo suo secondo disco EVERY STONE YOU THROW.  Un condensato di musica d'autore in salsa rock-blues che si rivela una vera e propria sorpresa. Mike Younger ha grandi canzoni nelle corde della sua chitarra e questo è un disco assolutamente da scoprire.


Recensione tratta da IL TONNUTO 73 - Maggio 2007

di Rho Mauro

Eravamo da poco attivi con il nostro MYSPACE del Tonnuto quando ho ricevuto la richiesta di amicizia da parte di Mike Younger.
Il tempo di andarlo a trovare sul suo SPACE per ascoltarne qualche canzone e già ero alla ricerca del suo ultimo cd.
Non è stato facile riuscire a trovare EVERY STONE YOU THROW, un po’ perché è distribuito da un’etichetta indipendente, un po’ perché certa musica, da noi, arriva con il contagocce o, addirittura, neanche arriva.
Grazie alla distribuzione olandese della piccola casa discografica Nashanoke Music (ASCAP) sono riuscito a reperirne una copia. E’ costato fatica, ma ne valeva la pena. Ormai, col tempo, ho consolidato una buona dose di “fiuto” e l’acquisto viene effettuato solo nella piena e totale convinzione.
Mike Younger  è originario della Nova Scotia ma già da giovane ha viaggiato parecchio attraverso le strade del suo grande paese. Attraversando luoghi di forte influenza musicale come Nashville e New Orleans, passando per il Canada è approdato, infine, a New York, nei paraggi del Village. L’attrattiva che ancora oggi esercita sui giovani musicisti quel luogo è difficile da spiegare a parole. Suonando in ogni dove, dall’angolo di strada al più sperduto bar di periferia il nostro si è fatto le ossa ed ha affinato appieno il suo progetto musicale.
Notevoli influenze dichiarate sono quelle a tinte blues di Mississippi John Hurt e ancor più dello storico Robert Johnson.
Il southern-blues è vivo e ben presente nei suoni delle canzoni di Mike Younger; ma confinarlo lì sarebbe, invero, troppo riduttivo. Il suono del suo ultimo disco è pieno, corposo e maturo.
Lasciata New York city il nostro ha poi pellegrinato ulteriormente per i vari stati americani. In Louisiana, dove avrebbe dovuto restare una sola settimana  si è fermato a vivere per cinque anni.
Da lì una serie di incontri casuali e fortunati hanno portato nel 1999 al suo debutto discografico con l’album SOMETHIN IN THE AIR. Il debutto è stato, come si suol dire, col botto. Un ottimo riscontro tra passaggi radio delle sue canzoni e vendite del disco  portano Mike ad essere sempre maggiormente considerato  dal pubblico e dagli addetti ai lavori. Ha aperto concerti di gente quotata come Nanci Griffith e Steve Earle, dimostrando di avere classe da vendere.
Quindi il ritorno a New York ed il passaggio dall’acustico all’elettrico, quasi come un novello Bob Dylan (altro punto di riferimento del giovane Mike).
Riuniti i compagni di viaggio Bob Packwood al piano, Skip Ward al basso e Louis Appel alla batteria Mike ha gettato le basi per il suo secondo disco, appunto EVERY STONE YOU THROW.
Trasferitosi a Nashville con il suo gruppo di amici musicisti il disco è stato inciso in soli tre giorni con l’ausilio e la produzione di Rob Clark, già produttore di gente com Neil Young e Emmylou Harris.
Il nuovo lavoro di Mike Younger è composto di 12 canzoni, per una durata complessiva di poco più di cinquanta minuti.
Sono dodici pezzi ad alto contenuto rock, a volte venato del giusto southern-blues che, come detto, ha fatto parte della vita artistica di Mike.
E’ paragonabile, se volete,  ad un giovane John Mellencamp per incedere ed intensità del cantato.
Spiccano nel gruppetto di canzoni EVERYDAY WAR singolo di lancio di tutto il lavoro e pezzo dall’impatto veramente ottimo.
Quindi non passa inosservata all’attenzione del nostro orecchio KILLIN TIME, ballata dai toni tenui ma decisi.
MAKE YOU MINE richiama qualcosa degli esperimenti dei primi  tempi dei Mink Deville.
TROUBLE CAN LAST parte in maniera quasi crepuscolare ed è un’altra ballata ad effetto.
DEVIL’S ON THE RISE è una delle canzoni più movimentate dell’intero lotto; vi si respirano tutte le influenze musicali di Younger ed è un misto tra rock-blues e soul… tra New Orleans & New York.
La canzone che trovo più in sintonia con i miei personali gusti è SOMETHING TO BELIVE una ballad-song di quelle da accendino in mano. Grande canzone.
Sul suo SPACE all’indirizzo www.myspace.com/mikeyounger potrete constatare con le vostre orecchie che razza di rocker sia questo ragazzo.
Siamo onestamente & sinceramente fieri di essere amici & fans di Mike.
La sua musica è  “sana” & bella. Giusto come piace a noi.


LA DANZA - SULUTUMANa


⭐⭐⭐⭐⭐

(SOCIETA' ARTISTICA "LA CORDA" - 2001)

Con il loro primo EP (contentente i due brani LA DANZA e CARLINA RINASCENTE)  i debuttanti SULUTUMANa centrano subito  il Premio I.M.A.I.E. al Tenco nel 2000. 
E non potrebbe essere diversamente dato che hanno stoffa da vendere questi ragazzi che arrivano dal comasco (tra Asso e Canzo hanno base i fratelli Galli) e dintorni.
Il passo successivo della loro storia musicale è questo album LA DANZA che va ricordato come uno degli esordi discografici più efficaci della storia della Musica D'Autore Made in Italy.
Il gruppo nella sua line-up originaria vede  Giambattista Galli alla  voce e fisarmonica, Michele Bosisio alla voce e chitarra, Francesco Andreotti al pianoforte, Angelo Galli "Pich" al flauto & aggeggi, Nadir Giori al contrabbasso e basso elettrico, Angelo Matzutzi alla batteria e Andrea Aloisi al violino. 
Le atmosfere che si respirano nel disco svariano dalla più classica canzone d'autore ( POMERIGGIO, CARLINA RINASCENTE, MIA CARA INES) ad altre più jazzate (IL FRIGO) o da tangheiro argentino (LA DANZA)  per abbracciare il territorio del triangolo lariano in un brano dialettale come VIOLA o nella filastrocca CUSSESUMAIAMI.
La "Magia" evocata dai suoni di questo primo lavoro rivivrà poi negli episodi successivi della loro storia musicale che li vedrà sfornare dischi mai meno che eccellenti: tuttavia, se in fondo al cuore deve restare un rammarico, è quello di non aver potuto veder  proseguire (oltre questi primi lavori)  la loro  storia musicale con tutta la combriccola dell'esordio al completo. 





(SULUTUMANa - LA DANZA)









domenica 12 febbraio 2017

LA MUSICA DEI POVERI - MERCANTI DI LIQUORE


⭐⭐⭐⭐⭐

(MEZZANIMA - ALTERNATIVE PRODUZIONI - 2002)

Lorenzo Monguzzi (chitarra e voce), Piero Mucilli (fisarmonica), e Simone Spreafico (chitarra) sono i tre musicisti che danno vita in quel della Brianza al gruppo denominato MERCANTI DI LIQUORE. Con un occhio alla musica di un artista come Fabrizio De Andrè i tre ragazzi,  dopo due primi lavori che rileggono le canzoni proprio di De Andrè (ed altri), pubblicano nel 2002  l'album LA MUSICA DEI POVERI.  L'impronta perlopiù acustica delle registrazioni, con la bella fisa di Mucilli e l'espressiva voce del leader Monguzzi in evidenza, regala emozioni davvero spendide.
APECAR, LOMBARDIA, CECCO IL MUGNAIO (dedicata a Faber), VIVA LA ROSA, sono tutte canzoni che, sentite la prima volta, ritornano presto alla mente perchè evocano nitide immagini e narrano storie che sono scritte da una penna altamente ispirata. 
A dare manforte al trio ci sono via via diversi ospiti. Cito il leggendario violinista del De Sfroos Angapiemage Persico, Ranieri Fumagalli (già con De Sfroos e poi coi LUF) al flauto,  Mariangela Pastanella voce e chitarra classica.
Troverà forse maggiori consensi e  riscontro di pubblico il successivo disco SPUTI accreditato ai MERCANTI DI LIQUORE e all'attore  Marco Paolini edito nel 2004, tuttavia, almeno a parere mio questo LA MUSICA DEI POVERI resta la testimonianza più alta della classe di questi Ragazzi.




(MERCANTI DI LIQUORE - CECCO IL MUGNAIO)





ARRIVEDERCI, MOSTRO (IN ACUSTICO) - LIGABUE



⭐⭐⭐⭐

(WARNER MUSIC - 2010)

Luciano Ligabue dopo aver mandato alle stampe la prima versione di ARRIVEDERCI MOSTRO ha ripreso in mano il disco e l'ha risuonato in acustico dalla prima all'ultima canzone suonando lui, solo,  tutti gli strumenti necessari: chitarre,  bouzouki, banjo, dobro, piano, tastiere e armoniche.
La Statura del Grande Cantautore si misura anche da queste cose. Quando le canzoni che canti hanno valore il valore c'è indipendentemente dal "vestito" con cui le si addobba. L'album è pieno di piccole gemme come  CI SEI SEMPRE STATA, QUANDO CANTERAI LA TUA CANZONE, IL PESO DELLA VALIGIA. Memorabile la lettera-canzone destinata all'amico Francesco Guccini CARO IL MIO FRANCESCO.
Il Liga Acustico. Il Liga al suo Meglio.



(Recensione tratta da IL TONNUTO 125 - Febbraio 2012)

di Rho Mauro

Fresco vincitore del Premio Tenco 2011 Luciano Ligabue trova spazio sul TONNUTO con questa versione acustica del suo ultimo lavoro “ARRIVEDERCI MOSTRO”.
Un disco che, così, spogliato di tutti gli orpelli elettrici che l’avevano rivestito nella sua prima versione ci viene riconsegnato allo stato “originale”.  Ed è uno stato decisamente d’eccellenza.
Dodici canzoni e 51 minuti di buona musica.
Sono certamente lontani i tempi dei lavori migliori (tutti i primi dischi della carriera – per intenderci) ma in questa veste acustica le canzoni del Liga splendono di una luce propria che ce le fa preferire, e di gran lunga, a quanto registrato dell’artista emiliano negli ultimi anni.
Nel disco in oggetto Ligabue suona tutti gli strumenti in solitaria, chitarre, ovviamente, ma anche banjo, bouzouki, dobro, piano, tastiere ed armoniche. Il risultato, come detto, è  un prodotto sicuramente  sopra la media.
Canzoni decisamente godibili e degne di stare tra le cose migliori mai composte dal nostro sono QUANDO MI VIENI A PRENDERE, IL PESO DELLA VALIGIA, CI SEI SEMPRE STATA QUANDO CANTERAI LA TUA CANZONE.. Divertente CARO IL MIO FRANCESCO che è una sorta di audio-lettera che Ligabue spedisce all’altro storico cantautore emiliano Francesco Guccini. Una lettera in cui il Liga si sfoga a tutto andare come se stesse cercando comprensione dal collega: il Guccini, uno che, è sempre parso chiaro, non è mai sceso a compromessi con nessuno ed infatti vive via, lontano dai casini,  tra i monti negli Appennini.
Se questo disco serve a riconsegnarci un cantautore capace di emozionarci a tutto tondo con il semplice uso della sua chitarra e delle sue canzoni, ben vengano questi “episodi” acustici.
Magari il Liga –Acustico non piacerà ai fans dell’ultim’ora, quelli più giovani,  che un po’ lo devono per forza vedere come l’antitesi rock a quel Vasco con cui spesso si bisticcia. A noi, invece,  piace parecchio.



(LIGABUE - IL PESO DELLA VALIGIA)